La nostra è una Storia di Famiglia, come tante altre al Sud.
Una frase un pò retorica, qualcuno di voi starà già pensando. Non proprio.
Dietro ogni storia di famiglia raccontata si nascondono insidie, difficoltà, speranze, sogni, talvolta anche illusioni e delusioni che non finiscono mai per occupare la prima di copertina. Anzi, vengono stipate negli angoli più reconditi della memoria, come note a piè di pagina alla mercé di lettori introspettivi.
I bei finali sono da sempre e saranno per sempre fonte di rassicurazione umana. La nostra Storia non se ne esime. Ma ci piace ricordare, come monito soprattutto ai più piccoli che, dietro ogni piccolo successo e lieto fine, la strada è quasi sempre tortuosa e difficile. La magia risiede proprio nel guardarsi indietro dopo averla attraversata con gli occhi pieni di profonda gratitudine. Così come la struttura di un trullo: ogni chianca racconta un momento di fatica, di sudore, di stanchezza, di disillusione, ma anche di grinta, di caparbietà, di ambizione e forza interiore.
É indubbio parlare dei ricordi d’infanzia legati al trullo, ormai sbiaditi dal tempo, in cui è nata e cresciuta mia nonna, ancora oggi la roccia della famiglia. Inevitabilmente, il trullo ha subito un abbandono dagli anni ’60 in poi, stessa sorte toccata a tutti i trulli di Alberobello, considerati abitazioni per poveri all’alba del boom economico. Ciò che a volte le storie di recupero omettono è il racconto della forza di volontà e della pazienza di portare avanti un progetto in tempi non ancora maturi per una comunità come Alberobello, divenuta vetrina della Puglia nel mondo solo da pochi anni.
Dopo un’esperienza di studio e lavoro a Londra, mi sono messo in gioco e ho deciso di tornare a casa. Qualche anno fa, la presa in carico di una ristrutturazione di un trullo dismesso era una scommessa.
Avevo pochi soldi in tasca ma tanta passione e necessità di essere indipendente. Con l’aiuto di mio padre abbiamo riportato a nuova vita ogni chianca dell’edificio e del cono. Ogni giorno era una nuova sfida e lezione di vita. Il trullo rappresentava lo specchio della mia libertà: mi avrebbe permesso di costruire e autofinanziarmi il percorso di vita al quale ambisco, ovvero diventare pilota di linea. Giorno dopo giorno, il mosaico iniziava a prendere forma: ogni tassello che all’inizio sembrava sconnesso con tutto il resto, lentamente assumeva un significato nel quadro d’insieme.
Un anno e mezzo dopo, il trullo è finalmente pronto ad accogliere i primi ospiti nonostante la stagione stesse volgendo al fine. Inaspettatamente, le prenotazioni arrivano come manna dal cielo e mi ritrovo a preparare colazioni all’alba, pulire nel pomeriggio e studiare per il mio corso di volo la sera.
Nel frattempo ricevo una proposta di lavoro che mi consente di impiegare mia madre al mio posto divenuta l’anima del trullo. Sarà lei a coccolarvi al mattino con la colazione in camera con il suo cappuccino prelibato e le uova cucinate al momento. La nonna, instancabile, non si ferma mai con il bucato e, con il ferro da stiro impugnato, la sua mente continua a sfornare ricordi legati al trullo.
Senza ciascuno di loro, tutto questo non sarebbe possibile. Ne abbiamo fatta di strada e tanta ancora ne abbiamo da fare ma sono sempre più consapevole delle mie radici e valori instillati da coloro che mi hanno cresciuto. Ho lottato per andare via da casa per poi ritornare e scoprire che dovevo far tesoro di casa mia, il luogo più fertile che mi ha consentito di costruire basi solide per il mio futuro e da qui, prendere il volo.